Il nuovo Museo Archeologico Nazionale di Parma nel Complesso della Pilotta: una recensione

E alla fine ha riaperto. Dopo sei lunghissimi anni di riallestimento, il Museo Archeologico Nazionale di Parma ha riaperto le porte. Ci è mancato moltissimo, sarà perché a quei reperti lego la memoria di tanti momenti della mia vita (infanzia, giovinezza, età adulta), sarà perché è bello poter vivere il cambiamento, poter dire «io c’ero e ho visto».

C’è da emozionarsi. Ho guardato le nuove vetrine con gli occhi già su quelle successive e mentre osservavo con occhi famelici i reperti, cresceva in me, verso gli oggetti del passato, una nuova consapevolezza, un nuovo senso. Spesso nelle mie visite guidate a tema archeologico parlo di alterità e identità, di quanto possiamo dirci lontani e vicini, nel medesimo tempo, dagli antichi. Quegli antichi che non siamo noi, con quel loro DNA che è così diluito nelle nostre arterie, ormai più che omeopatia. Gli oggetti e i loro contesti di ritrovamento ce lo ricordano sempre: cambiano i desideri, cambiano i bisogni, cambia la visione del mondo, ma io insieme ritrovo le stesse mani, il cuore, la malattia del vivere.

Ad un museo nazionale spetta non solo la tutela (regolamentazione legale sull’identità, proprietà e protezione del bene culturale) e la conservazione delle opere ma anche la loro valorizzazione in termini di fruibilità, cioè dare una chiara lettura di ciò che è esposto e dichiararne la chiave, o le chiavi, interpretative (museologia). Tutto è narrazione in un museo, in special modo in un museo che espone reperti archeologici che ha come obiettivo principale la ricostruzione delle storie e delle culture (qualunque declinazione di senso si voglia dare a questo termine) di un territorio. Ma poi ci sono racconti secondari, tanti quanti ne possiamo cogliere, e la disposizione delle opere deve garantire questi molteplici piani di lettura, perché chi fruisca possa trovarvi il proprio, relativamente alla sua capacità culturale e alla sua sensibilità.

Museo significa anche mobilità di idee, di persone. Significa incrociare il pensiero, formulare interrogativi, cercare risposte. Il museo è dinamico, o almeno lo dovrebbe essere. Il museo è lo spazio fisico e interiore in cui c’è posto per la crescita della comunità e per il confronto. È un luogo di accoglienza, senza barriere, un cannocchiale da cui riguardare e ripensare l’attualità politica e culturale, è un tempo di riflessione.

Il nuovo Museo Archeologico Nazionale di Parma (da ora MANPr) chiude il cerchio del grande rinnovamento del complesso della Pilotta attuato dal 2017 con la nuova direzione di Simone Verde. L’estromissione delle Sovrintendenze e la creazione di un polo museale autonomo ha permesso una nuova possibilità di dialogo tra le varie collezioni, nate in un contesto storico omogeneo, quello ducale, ma afferenti ad ambiti diversificati (arti figurative, reperti e collezioni archeologiche, patrimonio librario e archivistico ecc.).

Il MANPr è stato ripensato secondo i contemporanei standard scientifici di museo in modo da ottimizzare la selezione e l’esposizione dei reperti e perché si possa produrre conoscenza anche attraverso gli apparati di comunicazione che il museo mette a disposizione. C’era tanto bisogno di rinnovare e di innovare. L’allestimento del 1965 mostrava infatti tutti i suoi anni e i suoi limiti, con un impianto museografico che mescolava in un unico percorso collezioni antiquarie e reperti da scavi e che risultava sbilanciato nella scelta delle opere esposte verso un orizzonte temporale più pre-protostorico rispetto alle altre epoche. (Fig. 1)

Fig.1  La sezione egizia nel precedente allestimento

Oggi i reperti, disposti in un rigoroso ordine cronologico, sono allestiti in vetrine di forma parallelepipeda libere nello spazio, accostabili dal visitatore da più lati. Ogni vetrina espone gli oggetti su più ripiani, di colore bianco, e rinuncia alle didascalie per una sintesi testuale (con indicazione dei soli luoghi di ritrovamento) stampata su pellicola adesiva in un angolo della teca (una per la lingua italiana e una per la lingua inglese). Il testo è corredato da un QR code che rimanda al sito del Complesso della Pilotta per un approfondimento sull’esposizione della specifica vetrina, anche se ad oggi le singole sezioni risultano prive di ogni contenuto. Ogni sala ha alle pareti pannelli bilingui come vere e proprie stazioni informative dell’età storica e delle sue specifiche culture con funzione di raccordo tra le varie sezioni. I reperti sono allestiti in modo ordinato, orientati elegantemente a riempire lo spazio disponibile, in un ritmo visivo sapiente di volumi e forme. La prima sezione (tre sale) interessa il periodo preistorico e protostorico con una selezione altamente qualitativa dei reperti di cui non si possono non citare le selci scheggiate “ad arte”, il vasellame ceramico con sorprendenti motivi ornamentali e la grande disponibilità di materiale afferente alle Terramare. Spicca per l’unicità nel panorama italiano, la raffigurazione di una divinità ctonia femminile, di epoca neolitica, relativa alla sepoltura di una donna, la cui lettura, purtroppo, è disturbata da uno sfondo non neutro che non garantisce la sua ideale fruizione.

Fig. 2  I pannelli informativi                               Scritta adesiva

 Fig. 2  I pannelli informativi                                                                                       Fig. 3  Didascalia adesiva 

Disposizione oggetti                            Divinità femminile

Fig. 4  La disposizione dei reperti                                                                                                   Fig. 5  La divinità femminile neolitica

Terramare 1                            Terramare 2

Fig. 6  Le Terramare                                                                                                                            Fig. 7  Reperti delle Terramare

I reperti dagli scavi del municipium romano di Veleia, a partire dal ciclo statuario della basilica (che non ha subito ripensamenti nella sua ubicazione e disposizione), sono la cesura tra periodo protostorico ed età storica.

L’allestimento isola i pezzi più preziosi in singole teche (le testa bronzee di Baebia Bassilla, quella attribuita all’imperatore Antonino Pio e il frammento bronzeo della Lex Rubria de Gallia Cisalpina) e riunisce bronzetti, affreschi, elementi architettonici e oggettistica di vario genere in un’unica lunga parete attrezzata. Senza vetro di protezione fa bella mostra di sé la Tabula alimentaria traianea, il primo reperto di Veleia portato alla luce nel 1747.

Veleia 1                            Veleia 3

Fig. 8  Sala di Veleia                                                                                                                            Fig. 9  Reperti da Veleia 

Al termine delle sale veleiati, il percorso impone una scelta dettata dalla disposizione degli ambienti: o visitare le collezioni ducali * e spezzare il racconto storico, o continuare verso l’uscita con i reperti romani provenienti dalla città, imponendo quindi al visitatore di ripercorrere a ritroso il percorso per accedere alle collazioni ducali, scelta quest’ultima che mi sento di raccomandare per chi volesse fare visita al nuovo MANPr.

I reperti romani della città sono stati distinti a seconda del contesto di ritrovamento: le sepolture con i loro corredi sono state ricostruite in una sorta di corridoio di passaggio completamente buio per ricreare un ambiente sotterraneo di speciale suggestione, con luci a illuminare gli oggetti deposti a fianco del defunto, l’unico presente dei quali, lo scheletro di un infante, giace in una corteccia d’albero che funge da sarcofago; i reperti provenienti da contesti pubblici (teatro) e privati, tornano ad essere allestiti canonicamente nelle vetrine, talora con ricostruzioni del contesto del ritrovamento (tesoretto di Via delle Orsoline). Resta invariato l’ordine cronologico dell’esposizione chiudendo le collezioni nell’arco temporale del tardoantico e dell’Alto Medioevo con uno splendido esemplare di oreficeria longobarda.

Tomba romana                              Teatro 1 

Fig. 10  Il corredo funebre di una sepoltura romana                                                           Fig. 11 Rilievo dal teatro Romano di Parma 

Aureo Galieno                                   Spilla longobarda

Fig. 12 Aureo di Gallieno                                                                                                                    Fig. 13 Oreficeria longobarda

Il Museo Archeologico Nazionale di Parma si configura oggi, dal punto di vista delle dimensioni, come un medio museo: si è rinunciato ad esporre l’ampia serie epigrafica di epoca romana, se non per un paio di esemplari, e si è preferito tracciare un percorso su un unico piano, tagliando di fatto alla fruizione il pianterreno, già occupato in epoca della direzione Frova dai reperti pre-protostorici e romani. Le luci sono state posizionate in modo da permettere buona lettura del manufatto, almeno nella maggior parte dei casi, e risultano elemento essenziale laddove si è ricostruita o meglio, evocata, l’idea un ambiente ipogeo (collezione egizia e sepolture romane). Grazie alla possibilità di poter accedere a contenuti più specifici con il QR code (non appena saranno disponibili) l’esposizione è tale da risultare contemporaneamente facile per il pubblico meno specialista ed esaustiva per chi volesse approfondire la visita. Il museo in questo modo si propone didatticamente di “creare interesse” e configurarsi come accesso privilegiato alla disciplina e, nello stesso tempo, come punto di approdo nel post studio, specialmente nei gradi inferiori dell’ambito scolastico. Si rilancia così l’invito alla cittadinanza a prendere parte attiva al racconto del suo territorio, uno scrigno di storie riconsegnate alle orecchie (e agli occhi) di chi ha ancora il desiderio di crescere.

* delle collezioni ducali (collezione egizia, collezione di ceramiche dalla Magna Grecia, Etruria, area egea, collezione di bronzetti e specchi etruschi) non si farà cenno in questo articolo.

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